PINK TAX

LA TASSA ROSA: LE DONNE PAGANO UN PREZZO MAGGIORATO

13:20


Un rasoio usa e getta è un rasoio usa e getta: punto!
Ma se è blu, squadrato e serve per una virile rasatura oppure è rosa, sinuoso e lo si usa per una femminea depilazione domestica, il prezzo di vendita può riservare delle sorprese: ci avete mai fatto caso?
Anche cromaticamente il rasoio usa e getta è diventato simbolo di una deprecabile politica commerciale, comunemente definita “pink tax” o “woman tax” che consiste, in presenza di beni o servizi uguali e diretti a consumatori di entrambi i sessi, un prezzo maggiorato quando questi siano declinati al femminile.

E in linea di principio, che la differenza di prezzo sia minima o elevata poco importa, se disuguaglianza e discriminazione diventano fonte di guadagno per supermercati e aziende che controllano il mercato e questo nonostante le statistiche (la beffa si aggiunge al danno) evidenzino che la disparità salariale tra uomini e donne che svolgono le stesse mansioni, sia tutt’altro che eliminata.
In parole povere: chi guadagna di meno, paga di più!
La pink tax è applicata spesso su articoli o pratiche che riguardano la cura e la bellezza del corpo (gel da rasatura, deodoranti, lavatura e taglio capelli, medicina estetica), ma anche a settori merceologici insospettabili come biancheria, pigiamini o giocattoli per bambini e bambine ed è qualcosa che (armandosi di pazienza perché, strategicamente, gli articoli sono spesso sistemati in scaffali o reparti separati) si può verificare in un qualunque centro commerciale.
In California già nel 1996 è stata emanata una legge contro il “marketing di genere”, ma autorevoli e più recenti studi hanno evidenziato che, anche negli Stati Uniti, il problema è ben lontano dall’essere risolto ed è anzi collegato a cifre che, nell’arco di un anno, diventano decisamente importanti.
In Francia, dove quando c’è da protestare in maniera convinta e compatta non si fanno pregare, il collettivo femminista Georgette Sand, ha dichiarato guerra a queste differenze, piccole o grandi che siano e, lanciando una petizione che ha raccolto decine di migliaia di adesioni, ha costretto il Ministero dell’Economia d’Oltralpe ad occuparsi della questione.
In Italia invece seguitiamo a pagare con cristiana rassegnazione (o beata non conoscenza del problema); in questo modo tariffe e prezzi maggiorati continuano a gravare sulle tasche delle donne e sui bilanci delle famiglie!
Forse sarebbe il caso di alzare in alto i rasoi ancora umidi di crema depilatoria e farci sentire, attirando in questo modo l’attenzione del consumatore medio, così da stimolare anche nel nostro Paese un pubblico (e magari anche politico) dibattito sull’argomento: quanto abbiamo pagato e quanto continueremo a pagare in più?


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