L'Intervallo



Uno dei miei film italiani preferiti di questi ultimi anni è l'opera prima di Leonardo Di Costanzo “L'intervallo”, un piccolo film passato al Festival di Venezia, ma che non credo abbia goduto della meritata e capillare distribuzione.
La trama è semplice; il venditore di granite Salvatore, bravo ragazzo e gran lavoratore è costretto dal boss del quartiere ad improvvisarsi, in un ospedale abbandonato e fatiscente, carceriere per un giorno di Veronica, una ragazzina sfrontata, colpevole di uno sgarbo imperdonabile: essersi innamorata di chi non doveva.
Il film racconta le varie fasi della convivenza forzata a cui i due, in attesa del verdetto del camorrista su Veronica, sono costretti e comincia con una rabbrividente “tirata” retorica sul canto degli uccelli, che fa venir voglia di scivolare tra le braccia di Morfeo o, se ci si trovava al cinema come è successo a me, di alzarsi e abbandonare la sala.
Ma se ci facciamo forza e riusciamo a resistere, scopriremo da un lato che la “tirata” iniziale è assolutamente funzionale alla storia e perfino necessaria; dall'altro che cedere ci avrebbe fatto perdere la visione di un'opera davvero notevole.
L'intervallo” è un racconto di camorra dove non ci sono sparatorie, inseguimenti e irruzioni poliziesche perché è, soprattutto, un film nel quale Di Costanzo riesce a far comprendere il vero, profondo e avvilente significato del vivere tutti i giorni della propria vita in una terra di camorra.
E lo fa partendo da un punto di vista assolutamente originale e senza bisogno di ricorrere a retorica, sensazionalismi o sociologia spicciola.
L'intervallo” è l'intimo ritratto di una terra dove le regole non scritte ti soffocano e chi si arroga il diritto di farle rispettare è una presenza continua e minacciosa, persino (soprattutto?) quando è invisibile.
Una terra dove la “normalità” è una prigione a cielo aperto, che non lascia vie di fuga.
Dove ogni speranza di cambiamento è bandita.
Dove non c'è scampo di fronte a un destino già scritto e dal quale, per l'appunto, ci si può concedere solo un breve intervallo.
Come quello che da il titolo al film e che si prendono, dopo essersi faticosamente riconosciuti come simili, Veronica e Salvatore ovvero Francesca Riso e Alessio Gallo, i due giovani e bravissimi protagonisti.
Una breve fuga che ricorda l'ora d'aria dei carcerati e si consuma in un parco che si è trasformato in jungla impenetrabile; nei sotterranei allagati, inquietanti e misteriosi; sul tetto, da dove si può contemplare con provvisorio distacco quell'inaccettabile normalità a cui, chinando la testa, Veronica e Salvatore dovranno rassegnarsi a tornare.

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