LE MARI EN NOIR






“Le mari en noir” (il titolo è un tributo a Cornell Woolrich e a Francois Truffaut) è un piccolo romanzo poliziesco, uscito nel 2007 per Daris Libri di Lucca.
L’azione si svolge interamente sotto gli occhi del lettore, lo si potrebbe definire una sorta di hard boiled in salsa toscana, dove non si spara mai e a fare da sfondo non ci sono le strade e i grattacieli di una metropoli americana, ma la provinciale Lucca e i suoi dintorni. Il personaggio principale invece, non è un duro alla Philip Marlowe, bensì un’investigatrice che ha un nome da uomo (Andrea e scopriremo il perché), ma è donna sotto tutti i punti di vista (oltre che io narrante della storia).
Come fosse caduto dal cielo, il cadavere di una donna precipita dal quarto piano di un condominio sul tetto di un’automobile che il proprietario, un anziano insegnante di latino al liceo, stava inutilmente provando a mettere in moto. Prima che la strada si riempia di curiosi e poliziotti, una rossa esce alla chetichella dall’ingresso posteriore dello stesso condominio, convinta che nessuno la noti.
Il vedovo (“le mari en noir” del titolo), che si è dichiarato responsabile della morte accidentale della benestante consorte, si rivolge all’avvocato Montefusco che, per conto del suo cliente, incarica la sua investigatrice di fiducia (Andrea) di approfondire la questione perché, come sempre nelle storie nere, niente è come sembra.
Ci sono anche un’amante gelosa che farà una brutta fine, una coppia gay, un’avventura piccante, una donna che ama le apparenze, una statuetta di alabastro e un poliziotto troppo pieno di sé ma, alla fine di un’intensa settimana e nonostante sia impegnata anche in un paio di indagini parallele Andrea, come da copione, riuscirà a sbrogliare la matassa.
Di seguito la prefazione a cura di Luciano Luciani.

[… Diciamo la verità: il noir inteso come la variante, metropolitana e cattiva, del tradizionale romanzo poliziesco, comincia alquanto a stancare. Ormai lo praticano in troppi e i suoi sgualciti protagonisti (commissari in disarmo, avvocati falliti, giornalisti senza qualità) che senza protettori, né mezzi, né particolari abilità, si aggirano su scenari di corruzione e violenza, sono diventati ripetitivi e un po' troppo uguali a sé stessi. Poche le novità e fin troppo ferreo un canone mai codificato ufficialmente, ma sempre vincolante. Sempre meglio degli insopportabili Poirot, Philo Vance e dei loro innumerevoli epigoni: però, anche i simpatici antieroi, inaugurati quasi mezzo secolo fa da Scerbanenco e da allora impegnati sui nostrani teatri urbani o provinciali, passando dai fasti della scuola bolognese, toscana, romana, siciliana ...finiscono ormai per produrre nel Lettore fastidiose sensazioni di deja vu. Un effetto di saturazione contraddetto talora e nei casi migliori dall'irruzione dell'elemento irrazionale/fantastico all'interno di una storia di quotidiana normalità (Eraldo Baldini, Enzo Fileno Carabba), dall'abilità nell'impaginazione di una vicenda complessa (Giampaolo Simi), dall'accattivante recupero memoriale in chiave giallo/noir di un'Italia che non c'è più (Marco Vichi, Leonardo Gori): meno male, ma rimane l'impressione che agli occhi della critica più avveduta e del Lettore più esigente, la grande stagione del “nero” italiano appaia ormai in via di esaurimento.
Poi capita di imbattersi in pagine come quelle che seguono e allora qualche speranzella sul destino dei tuoi generi e sottogeneri preferiti torna a fare capolino...
Per dirla tutta, avevo cominciato a leggere il romanzo d'esordio di Monica Innocenti pregiudizialmente provvisto di una buona dose di scetticismo, convinto di ritrovarmi alle prese con l'ennesima rielaborazione in chiave toscano/lucchese di convenzioni risapute. Invece, fin dal primo dipanarsi della storia, l'Autrice dimostra di conoscere bene le strade per arrivare al cuore e al cervello del Lettore: e se non gli fa mancare l'amore (o meglio il disamore), la violenza, la morte, l'intrigo e l'indagine che, secondo le migliori tradizioni dell'hard boiled school, si svolge tutta intera sotto gli occhi di chi legge, riscatta i soliti luoghi comuni con l'ironia intelligente e lo spirito simpaticamente anarchico che, dal principio alla fine, intridono tutto il romanzo. Accattivante la protagonista; credibili gli scenari provinciali (proprio questa città di Lucca con tutti i suoi hinterland dal mare della Versilia alla Piana lucchese); aggiornati all'oggi e alle attuali mode e manie gli stili di vita, i comportamenti, la mentalità dei personaggi. Ma i risultati migliori Monica Innocenti li ottiene con una scrittura brillante e dalla vis comica fuori dall'ordinario: un divertente impasto, il cui la lingua di comunicazione si mescola con azzeccati toscanismi, con il linguaggio dei fumetti, con la cordiale presa in giro dei modi vernacoli di un Camilleri, con una girandola di citazione che provengono tanto dalla letteratura quanto dal cinema americani degli ultimi decenni...
Ora mescolate il tutto, aggiungete qualche riferimento colto alla mitologia greca, insaporite con un po' di sesso disinibito quanto basta, inserite qua le là nei momenti giusti gli adeguati riferimenti alla magica tromba di Chet Baker... et voilà il romanzo è servito. Un raro noir col sorriso: lieve, spiritoso, scanzonato, irriverente. Mai banale. Era da un po' di tempo che ne sentivamo la mancanza e siamo grati a Monica per averci offerto la possibilità di tornare a gustarne il sapore. ...]


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