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ECONOMIA U.S.A. E GETTA (CONSIDERAZIONI SULLA SOCIETA' DEI CONSUMI)

23:21


Mi trovavo in un grande magazzino per comprare un barattolo di vernice e, girando tra gli scaffali, ho dato un'occhiata ai prodotti esposti; mi è venuta spontanea una riflessione: siamo talmente abituati a trovare nei negozi prodotti di consumo dal prezzo esageratamente basso (provenienti di solito dalla Cina o da Paesi del terzo mondo), che neanche ci chiediamo più quali possano essere le motivazioni che rendono possibile questo fenomeno.

Ma così facendo, tendiamo a rimuovere due termini che sono ormai padroni della nostra quotidianità: esternalizzazione dei costi e obsolescenza (nelle sue diverse declinazioni).
Esternalizzare i costi (in barba anche al principio di una sana e leale concorrenza), vuol dire spostare la produzione in Paesi dove i controlli sono inesistenti e i costi di produzione irrisori; ma gli interessi che si pagano sono salati e non solo in termini di merci di bassa qualità, fatte con materiali scadenti o addirittura pericolosi per la salute, perché si chiamano inquinamento senza controllo, malattie, diritti dei lavoratori e dei consumatori ignorati, sfruttamento del lavoro minorile.
Però inondare il mercato con merci a basso prezzo si è rivelato troppo conveniente e in Cina l'hanno capito talmente bene, che hanno cominciato ad esternalizzare ...in casa propria!
Questo selvaggio modo di produrre è propedeutico ad un sistema economico basato su consumi sfrenati e crescita illimitata, nato negli Stati Uniti (che non a caso, del consumismo sfrenato, sono la patria) e che “dobbiamo” all'analista Victor Lebow.
Questo è il nocciolo della sua brillante teoria, resa pubblica nel 1955 ed esportata in seguito in tutto il mondo occidentale: “La nostra economia incredibilmente produttiva, ci richiede di elevare il consumismo a stile di vita, di trasformare l'uso e l'acquisto di merci in rituale, di far si che la nostra realizzazione personale e spirituale venga ricercata nel consumismo. Abbiamo bisogno che sempre più beni vengano consumati, distrutti e rimpiazzati ad un ritmo sempre maggiore. Abbiamo bisogno di gente che mangi, beva, vesta, cavalchi, viva, in un consumismo sempre più complicato e, di conseguenza, sempre più costoso”.
Quindi lo scopo ultimo dell'economia americana (e a catena di quelle ad essa collegate) doveva diventare il produrre più beni di consumo a sempre maggiore velocità.
Non sanità, istruzione, rispetto per l’ambiente, equità sociale, ma merci, da consumare e rimpiazzare il più rapidamente possibile.
Obsolescenza programmata e obsolescenza percepita, sono i metodi migliori per far si che le persone, più o meno consapevolmente, accettino il loro ruolo nel sistema, che è quello di voraci consumatori.
L’obsolescenza programmata, in sintesi, consiste nel progettare e immettere sul mercato oggetti con lo scopo di renderli inutili e/o inutilizzabili (e quindi rimpiazzabili) il prima possibile, anche se si tratta di articoli che dovrebbero essere durevoli: se ne definisce quindi a tavolino, con precisione cronometrica, il ciclo vitale.
Siccome sono troppe le cose che non ce la fanno a rompersi con la velocità che il sistema pretende, entra subdolamente in gioco l’obsolescenza percepita, che ci convince a buttare o sostituire una cosa che ancora funziona egregiamente.
Si usa a questo scopo il progresso tecnologico, che la fa apparire superata oppure se ne cambia semplicemente l’aspetto esteriore, così da far diventare fuori moda il precedente: possedere un vecchio modello di qualcosa e confrontarlo con le ultimissime novità possedute dagli altri, ci fa sentire irrimediabilmente inadeguati!
Questo meccanismo è rivolto a tutti i settori merceologici ma, naturalmente, nell’industria della moda raggiunge la massima espressione; la moda vive praticamente di questo e il ruolo della pubblicità e dei modelli da seguire imposti dai media è fondamentale.
Così (spinti da media e pubblicità) ci caliamo nel nostro ruolo di consumatori, ci occupiamo ciecamente solo dell'acquisto, facciamo finta che tutti gli altri scalini del processo produttivo non ci siano e passiamo buona parte del tempo libero dal lavoro a fare shopping, senza neanche interrogarci sul fatto che, nel giro di poco tempo, gran parte di quello che acquistiamo finirà, dimenticato, in qualche cassetto o peggio ancora nella spazzatura.
E qui salta fuori un altro bel problema: lo smaltimento dei rifiuti!
Certo raccolta differenziata e porta a porta sono fondamentali, ma non bastano, perché non tutto si può riciclare e, soprattutto, bisogna pensare all’enorme quantità di rifiuti che è stata creata per produrre quello che noi, dopo averlo comprato, disinvoltamente buttiamo.
Solo per questo, dovremmo interrogarci più spesso se riempire casa di oggetti superflui è davvero quello di cui abbiamo bisogno per sentirci felici!
La consapevolezza individuale, il desiderio di una società più a misura d'uomo, la voglia di sentirsi nuovamente individui e non solo consumatori, potrebbero rappresentare i primi passi del cambiamento; una crepa nel muro granitico di un sistema che fa pensare, ogni giorno di più, ad un treno, lanciato a folle velocità per chissà dove.


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